Buon Martedì a tutti voi e ciascun di voi, riprendiamo, oggi, il Politicamente Scorretto con un argomento che abbiamo già trattato di recente ma che occorre, però, sempre di più diffondere.
Parliamo oggi di cambiamenti climatici e agricoltura!
Affrontare l’emergenza climatica è la più grande sfida dei nostri tempi. Va fatto, oppure non ci sarà più un domani!
A causa dei cambiamenti climatici gli ecosistemi marini, le foreste primarie, la vita delle persone e la sopravvivenza delle specie cambiano producendo conseguenze devastanti sulla biodiversità, sul cibo che mangiamo, sul nostro futuro. Neanche tanto lontano.
L’80% della distruzione delle foreste è causata dalla produzione intensiva di materie prime come soia, olio di palma, carne. Per salvare il clima e la biodiversità, dobbiamo salvare le foreste.
L’oceano produce circa il 50% dell’ossigeno sulla terra, ma purtroppo i nostri mari sono al collasso: svuotati e violati da pesca industriale, inquinamento da plastica, trivellazioni petrolifere.
Noi come singoli cittadini del mondo come possiamo contribuire?
Riducendo gli sprechi energetici e il trasporto, riciclando e riutilizzando, usando meno acqua calda e consumando meno carne oppure costruire impianti a energia rinnovabile. Tutto ciò rappresenta solo una parte del problema.
Ogni italiano emette circa sette tonnellate di anidride carbonica all’anno: eliminando la carne da allevamenti intensivi se ne risparmia una, con l’auto ferma, una seconda. Evitando un viaggio intercontinentale in aereo ne risparmiano quasi due. Ciascuno di noi può abbattere le sue emissioni di CO2 senza effettuare cambiamenti radicali nella vita.
Un comportamento virtuoso a livello individuale ci permette di avere più forza nelle istanze collettive verso governi e industrie.
Il primo fattore del cambiamento climatico rimane lo sfruttamento, l’estrazione e l’utilizzo di prodotti per l’energia dal sottosuolo. Le materie prime carbonifere: petrolio, carbone, gas. Eppure ci potremmo impegnare sulla costruzione di impianti da rinnovabili ma non lo facciamo.
Ma in tutto il mondo il degrado del suolo si sta diffondendo a causa di molteplici fattori di stress: cattive pratiche di coltivazione in primis, l’uso irrazionale dell’acqua, di diserbanti e fitofarmaci, il taglio di alberi, ma anche incendi, siccità, precipitazioni intense riducono la capacità di assorbire carbonio, amplificando la crisi climatica e l’insicurezza alimentare.
Allo stesso tempo, il cambiamento climatico aumenta il degrado del suolo, un vero e proprio circolo vizioso: l’eccessivo sfruttamento impatta sul cambiamento climatico che, a sua volta, si ripercuote sulla salute del suolo.
Mario Tozzi in un suo libro scrive che l’agricoltura: “È stato il primo momento in cui i sapiens si accorgono di poter saccheggiare il pianeta ed è il momento in cui si è squilibrato il mondo” ed io condivido.
L’agricoltura è elemento sensibile ai cambiamenti climatici in quanto emette e assorbe gas serra.
L’agricoltura è infatti responsabile di un quarto, circa il 24%, di tutte le emissioni antropiche di gas serra, a questa percentuale va aggiunto la percentuale dell’11% della deforestazione.
Il settore agricolo, quindi, è tra i principali produttori di gas serra e al contempo è forse il settore socio-economico che subirà le più gravi conseguenze dai cambiamenti del clima globale.
Ma è proprio per questo che l’agricoltura rappresenta un ottimo terreno di prova per avviare efficaci processi di mitigazione del riscaldamento globale.
Oggi suolo è uguale a consumo ma se si consuma il suolo non ci sarà più produzione.
Bisogna calcolare da dove vengono le principali emissioni di clima alteranti ed intervenire.
Noi sappiamo che vengono dalle coltivazioni superintensive perché prima di tutto si deforesta per metterci qualche monocoltura superintensiva. Questo comporta uno squilibrio nei rapporti tra anidride carbonica e ossigeno. E poi dagli allevamenti intensivi anche loro apportano uno squilibrio nei rapporti tra anidride carbonica e ossigeno.
Sono queste due le chiavi che dobbiamo utilizzare se vogliamo intervenire sul cambiamento climatico.
Ci troviamo di fronte ad un vero e proprio circolo vizioso: l’eccessivo sfruttamento del suolo contribuisce al cambiamento climatico e il cambiamento climatico ha un impatto sulla salute del suolo.
Si sta già verificando un incremento del rischio di perdita dei raccolti a causa della presenza di insetti nocivi che cambiano la loro diffusione, o di disastri naturali come ondate di calore, alluvioni o inondazioni, e sono necessarie quindi azioni immediate per l’adattamento a questo futuro incerto.
È per questa ragione che una percentuale crescente di agricoltori sta adottando tecniche di agricoltura conservativa, quali la coltivazione senza lavorazioni o su sodo, la rotazione delle colture, le colture di copertura, ritornare ai sesti di impianti arborei consociativi, la riduzione o eliminazione di fitofarmaci e fertilizzanti e l’integrazione tra allevamento del bestiame, silvicoltura e coltivazioni, pratiche che sono efficaci sia per incorporare carbonio nel suolo, che nel conservarcelo.
Mi spiace che il Ministro Stefano Patuanelli, Ministro delle politiche agricole e forestali, così come tutte le Regioni nei propri bandi di contributi all’agricoltura spingano per la creazione di coltivazioni superintensive e specialistiche di filiera e non facciano niente per recuperare il suolo e il clima.
I PIF, PSR, finanziamenti vari, sono figli di vecchie strategie di produzione e finanza e contemporaneamente stanno creando scompensi alla terra, alla biodiversità e alla produzione futura.
Oggi stiamo buttando via il suolo agricolo perché non ci accorgiamo che è una risorsa: ci vogliono 200 anni per fare 15 cm di suolo fertile adatto a coltivare invece noi stiamo sottoponendo l’agricoltura a una erosione per la produzione spinta.
Oggi suolo è uguale a consumo ma se si consuma il suolo non ci sarà più produzione.
Giuseppe Esposito
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L’appuntamento di Politicamente Scorretto è per la prossima settimana. Martedì alle 11 come sempre.
Buona settimana e scrivetemi su scrivimi@giuseppeesposito.it per vostre considerazioni e domande.
Sono molti gli spunti di riflessione che ci offri, molti ci portano a ragionare a 360° sul rapporto tra la nostra esistenza, quella di ogni singolo individuo, e la Natura. Non possiamo continuare a pensare in termini finanziari e dobbiamo tornare a pensare in termini economici perché la realtà non è limitata ad una lotta continua nelle diverse borse valori di ogni genere, da quelli azionari a quelli agricoli, energetici, aurei etc. Questo modello è già fallito e tutti gli eventi degli ultimi decenni, fino a quanto avviene oggi in Ucraina lo certificano.