L’agricoltura può salvarci dal dramma che si vive oggi, non solo in Italia, di questa losca pandemia di Covid-19 che oltre al danno fisico e sociale con morti, clausure e ospedali al collasso, sta provocando una recessione economica che è un moltiplicatore di povertà ed un catalizzatore di errori.
Le proposte che si stanno dando in questi giorni come prima risposta vanno nella direzione giusta? Può essere, ma l’indebitamento degli indebitati non è la risposta e la politica del prestito bancario su prestiti già in essere non aiuta a risalire la china della recessione e né spinge verso un futuro di sviluppo più radioso. Ci sta portando e ci porterà unicamente ad aumentare l’insofferenza verso le banche, verso il lavoro stesso e ci proietterà verso una negazione del futuro.
È nostro dovere di cittadini, in questi momenti, proporre soluzioni e risposte diverse che diano un futuro certo per le generazioni prossime, ma anche quelle attuali, e che creino sviluppo. Siano tendenzialmente delle proposte per un futuro stabile e duraturo.
Quest’Italia, purtroppo, già da qualche anno si è incamminata su una strada fatta di ammortizzatori sociali, prebende e fondi in prestito, che non potranno mai essere onorati.
L’agricoltura può salvarci?
La struttura dell’agricoltura è funzionante, nonostante sia stata maltrattata in questi decenni, a favore di una società basata su valori futili, aleatori e di servizio. L’agricoltura italiana è basata su piccole e medie aziende che sono capaci di produrre, nonostante le difficoltà che devono affrontare quotidianamente e le vessazioni di tipo economico-finanziario.
L’agricoltura, a mio parere, a partire dal 2020 può essere trainante per tutta la nazione e per tutti i settori economici, come lo è stata l’edilizia negli anni 50/60 del dopoguerra trainante per il boom economico italiano.
L’agricoltura può salvarci se agisce su due obiettivi: il primo sullo sbocco commerciale, il secondo sul costo lavoro.
Spesso assistiamo a scene incredibili e contro la morale del vivere sociale, dove si distrugge la merce alimentare poiché è più conveniente distruggerla che venderla sul mercato. Oltre ad un danno economico affermiamo, ogni volta che succede, il nostro puro egoismo.
Allora obblighiamo le grandi catene di vendita ad acquistare, prioritariamente, sul mercato italiano. Difendiamo, se del caso, anche imponendo dazi a paesi che non sono stati né gentili né solidali con l’Italia in questo momento di difficoltà ma non solo. Noi italiani stiamo subendo dazi e offensive sui nostri prodotti alimentari anche da paesi nostri alleati, ma sicuramente non nostri amici.
Facciamo partire, grazie ad una politica agricola moderna, una grande rimonta in qualità, trasparenza e tracciabilità dei nostri prodotti, garantendo la sopravvivenza dell’intero settore con pochi spiccioli.
Trovare, inoltre, della forza lavoro in agricoltura è diventato difficile, costoso ed illegale. Costoso perché i vincoli ed il costo del lavoro spesso superano il prezzo finale del prodotto sul mercato. A questo punto, alcuni, sono costretti a ricorrere al lavoro nero per essere competitivi, o peggio ancora, sono costretti ad usare mezzi illeciti sia per produrre alimenti non sicuri per i consumatori che per integrare il loro reddito associandosi a organizzazioni criminali. (Terra dei fuochi, lavoro degli immigrati illegali ecc e non solo al sud).
E nel frattempo abbiamo migliaia di “Cittadini con il reddito garantito” a cui si potrebbe chiedere di lavorare nei campi e scalare all’imprenditore agricolo la somma già oggi a carico dello stato per il reddito di cittadinanza. In alternativa si potrebbe defiscalizzare il costo del lavoro a chi assume personale nei campi a tempo indeterminato o per periodi superiori ai 9 mesi, regolarizzando anche i lavoratori che oggi e da molti anni lavorano nei nostri campi anche non essendo formalmente italiani.
Queste iniziative legislative darebbero la stura ad altri interventi e rimetterebbero in moto l’intera filiera agroalimentare. Che a sua volta con l’indotto rimette in moto l’intera economia italiana.
Dite la vostra. È tempo di cambiare. La politica di oggi non può essere quella che abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni e non può essere appannaggio di chi ha gridato e grida di più. O di chi alza l’asticella sempre più in alto. Vorrei ricordare a me stesso che onestà si scrive senza h.
Politicamente Scorretto
Saluto l’amico Peppino Esposito, sono d’accordo per quello che è stato detto volevo solo suggerire che l’agrcoltura anche dopo le guerre ha fatto riprendere la nazione.