Abdullah Qardash capo del Daesh si è suicidato l’altra notte, in seguito ad un raid compiuto dalle forze speciali americane al nord della Siria. Vicino al luogo dove trovò la morte, con lo stesso metodo, il califfo Al Baghdadi. La storia dei vigliacchi si ripete.
Questo episodio sta a dimostrare che la minaccia terroristica non è ancora finita e che è viva e vegeta.
Noi continuiamo a credere che il terrorismo non esista più solo perché non ne parlano sulle prime pagine i giornali o la TV.
Ci siamo lavati la coscienza delegando solo agli addetti ai lavori la protezione nostra vita democratica.
In qualche caso, come questo del suicida Qardash, le notizie sul terrorismo sono amplificate dai media solo perché servono a “vendere” un successo dal punto di vista mediatico e politico del Presidente Biden.
Così la presidenza americana per qualche giorno ha fatto dimenticare la sua debolezza politica interna al paese e nello scenario internazionale.
Va riconosciuto, ad onore del vero, che gli apparati di sicurezza occidentali non hanno mai smesso di monitorare i segnali, di ascoltare le comunicazioni radio e telefoniche in cerca di tracce o di terroristi ma spesso sono messi in silenzio dalla quotidianità delle notizie inutili ed entropiche della politica minore.
Contro i vertici dei due maggiori gruppi terroristici, Daesh e Al Qaida, e contro le realtà, che agiscono per e nel loro nome, è una guerra di lungo periodo, e nessuno può pensare di abbandonare la sistemicità della ricerca.
Isis-Daesh e Al Qaida, hanno dato e stanno dando da tempo, segnali di una ritrovata capacità di organizzazione sul campo e si stanno muovendo in maniera sempre più allarmante, attaccando in diverse parti dello scacchiere mondiale. Non solo nei teatri di guerra soliti quali la Siria, l’Afghanistan o il Magreb ma anche in Africa centrale e nell’Asia dell’est solo per citarne alcuni.
Proprio nella Repubblica Democratica del Congo è stato ucciso Richard Masivi Kasereka, un sacerdote trentaseienne. Ucciso da uomini armati dopo aver celebrato la Messa nella Giornata mondiale della vita consacrata.
Nella stessa diocesi, Butembo-Beni, si sono registrati negli ultimi tempi diversi attacchi da parte delle Forze democratiche alleate, un gruppo islamista che si ritiene abbia legami con il Daesh (Isis) e che scorrazza in Congo mietendo vittime e incutendo terrore.
Ma non vanno dimenticati anche gli attacchi verso l’Italia dei mesi scorsi. Roma è stata ed è ancora nella lista dei bersagli importanti per i “maiali terroristi” di Daesh e Al Qaida che sotto una finta religiosità seminano morte e paura.
Lo fanno con proclami, con riviste online di loro gestione, con minacce mirate a questo o a quel politico di turno ma chiaramente l’obiettivo degli orfani di Al Baghdadi e di Osama Bin Laden è quello di rimettere insieme spirito e fiducia dei pochi supporter facendo credere ai lupi solitari, sparsi per il mondo, che noi popoli delle democrazie siamo ancora spaventati dalla loro “organizzazione” e dalla loro “forza”.
Tra le pubblicazioni dello Stato Islamico, al-Naba è forse quella più pericolosa e ben fatta. Altri media targati Daesh trasmettono messaggi semplici, slogan destinati a raggiungere soprattutto i lupi solitari e le cellule sparse nei continenti. Il settimanale online al-Naba invece si rivolge alla dirigenza delle formazioni islamiste, con discorsi dottrinari, organizzative e valutazioni strategiche.
E il segnale che vogliono lanciare è chiaro: rinforzare l’identità dell’intero settore terroristico e reclutare nuovi “militari/militanti” nelle carceri, nelle scuole, e finanche, con la complicità di alcune moschee tra i mussulmani ortodossi e fanatici.
ISIS e Al Qaeda sono noti tra i gruppi terroristici per il loro uso dei social media e le piattaforme online nella maniera più estesa per promuovere i propri obiettivi e diffondere il proprio messaggio.
Le minacce degli ultimi tempi verso l’Italia, secondo gli analisti della nostra intelligence, uomini e donne per lo più accorti, non sono da ritenere preoccupanti per la sicurezza nell’immediato, ma questo non significa che dobbiamo togliere dalle nostre priorità l’attenzione verso questo problema e dimenticare tutto tra una canzone e l’altra di Sanremo.
Giuseppe Esposito
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