Un po’ di altruismo  fino alla creazione del vaccino.

Valentino,

leggendo le tue esternazioni sulla gestione della pandemia da parte degli italiani in primis e dei dirigenti degli Enti sia locali che nazionali, frasi scritte tra il serio ed il faceto mi è venuto di risponderti attraverso il blog e rappresentarti la posizione che ho assunto. 

Mentre da una parte sono arrabbiato per come si sta evolvendo la pandemia in Italia difendendo a spada tratta la nostra libertà costituzionale, dall’altra rimango sbigottito dal numero dei morti ancora oggi in aumento e dei contagiati che la sera la protezione civile, le regioni, le aziende sanitarie e i comuni comunicano urbi et orbi. Si sovrappongono gli uni agli altri e indicano strade diverse per uscire e tornare alla vita di prima o sono chiacchiere a perdere su strategie per raccontare tra il vero ed il falso la realtà.

Anch’io vorrei uscire e ritornare a frequentare mia madre regolarmente, sono tre mesi che non ci vediamo, anch’io vorrei rivedere i miei figli che è da Natale che non vedo, vivono in altre regioni, e anch’io vorrei andare a pesca con i miei amici, vivo in un paese di mare, ma tutto questo non posso farlo. Perché? Non per ipocondria ma per senso di responsabilità. La clausura sociale la faccio non solo per me, per difendere la mia salute, ma anche e sopratutto per gli altri, per voi che vorrei incontrare. Per non aumentare le possibilità di contagio ed incrementare le morti di persone già deboli. Per altruismo, per prudenza o per buon senso chiamalo come vuoi.

Il sentimento o il valore dell’altruismo sembra scomparso in questo paese, almeno per quello che vedo sui social sboccati e spesso killer dei buoni sentimenti ed è sostituito dal sentimento dell’egoismo.. 

Valentino, non possiamo e non voglio fare “tana liberi tutti”  fino a vaccino creato.

Purtroppo tra i 60 milioni di virologi italiani ognuno è portatore di una soluzione con una ricetta “Cicero pro domo sua”. Ogni categoria pensa che sia la più colpita ed ha la soluzione che guarda solo all’interno del proprio orticello. 

Le possibili decisioni come cittadini e classe dirigente che abbiamo avuto e abbiamo di fronte sono due e sono alternative l’una all’altra. Da una parte possiamo riaprire tutte le attività e ci affidiamo all’educazione civica degli italiani con il sottofondo culturale “dell’immunità di gregge” oppure dall’altra possiamo riavvicinarci gli uni agli altri lentamente, molto lentamente, eliminando tutte le distanze tra le persone e le categorie.

Chi sceglie la prima non può lamentarsi se il contagio aumenta. È intrinseco nella sua scelta. Chi vuole la seconda, viceversa, non può lamentarsi se vi sono delle restrizioni alla libertà individuale. 

Scegliendo sia l’una che l’altra strada comunque vi è una condizione unica e imprescindibile: un calo dell’economia reale, delle regole di ingaggio del lavoro e della mobilità sociale. Su questa strada alcune discussioni si  sono avviate altre bisogna ancora iniziarle sia in Europa che in Italia e nel mondo. Non può essere una scelta solitaria di un paese.

Inizia da adesso un periodo ancora più difficile. Siamo stanchi, impauriti, non vediamo la luce alla fine del tunnel. Sappiamo che i tempi saranno lunghi. Forse un anno per il vaccino e lo sforzo di ognuno di noi deve essere proiettato a spingere “gli scienziati” a stare un pò di meno in TV e di più nei laboratori a trovare la soluzione. 

Prudenza, altruismo e senso civico. Non è la solita battaglia politica qui in gioco c’è la vita degli uomini e delle donne. 

Certo però un aiuto potrebbe e dovrebbe arrivare anche dalla pubblica amministrazione armonizzando gli atteggiamenti e regole ed evitando le vessazioni burocratiche. 

Non ne abbiamo bisogno!

Sempre con stima 

Giuseppe Esposito

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